Storno di dipendenti: illecito se destrutturante
Storno di dipendenti: illecito se destrutturante
Lo storno di dipendenti: illecito se destrutturante – Condizioni dello storno: i presupposti applicativi dello storno di dipendenti
Storno di dipendenti: illecito se destrutturante
Si pronuncia il Tribunale di Brescia, Sezione specializzata in materia di Impresa, con una Sentenza del 13 febbraio 2020 in materia di presupposti applicativi dello storno di dipendenti e concorrenza sleale. La corte ha analizzato le condizioni dello storno di dipendenti in modo da delinearne accuratamente il perimetro.
Condizioni dello storno: la vicenda
La vicenda aveva ad oggetto il passaggio dall’impresa X all’impresa Y di alcuni dipendenti, posti in posizione non apicale, né dirigenziale, in una sorta di “spin off” dell’impresa X. Quest’ultima lamentava la avvenuta sottrazione di informazioni riservate, e comunque la natura illecita dello storno dei dipendenti, che sarebbe stato configurabile come fattispecie di concorrenza sleale.
Le valutazioni del Tribunale sui presupposti applicativi dello storno di dipendenti
“Storno di dipendenti illecito se destrutturante“
A parere del Tribunale la fattispecie concretamente presa in esame non rivestirebbe gli estremi della slealtà concorrenziale. Secondo il Tribunale, infatti, “la sussistenza di un effetto destrutturante è fondamentale per apprezzare l’antigiuridicità della condotta del concorrente, posto che soprattutto da esso può presumersi l’intento di vanificare l’altrui investimento ovvero di sottrarre l’avviamento legittimamente conseguito dall’imprenditore leso, circostanze che, di regola, si ripercuotono a danno del consumatore finale, legittimando così l’intervento dell’autorità giudiziaria. In assenza di tali indicatori, di converso, la condotta dell’agente può essere provvisoriamente confinata nell’ambito della fisiologica competizione tra imprese, come si ritiene sia avvenuto nel caso in esame”
“Reclutare dipendenti altrui è fisiologico, se fatto senza animus nocendi“.
Il Tribunale affronta, poi, anche il profilo “soggettivo” dell’attività di storno: “Il giudizio non muta laddove l’esame della condotta venga affrontato sul piano soggettivo, non essendo emerse circostanze dalle quali trarre la convinzione che la finalità principale della convenuta fosse non già quella di dotarsi di un team di progettisti per avviare la propria attività, (fine che giustifica il reclutamento di personale altrui, posto che la competizione si basa fisiologicamente anche sul reclutamento di collaboratori già al servizio dei concorrenti), bensì quella di infliggere al concorrente un danno ingiusto, essendo del tutto evidente che soltanto in quest’ultimo caso si può configurare un animus nocendi (in altri termini l’autore della condotta anticoncorrenziale deve porla in essere con il fine di causare al concorrente un pregiudizio superiore a quello che deriva normalmente dalla perdita di un dipendente)“.
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