Recesso e abuso del diritto nei contratti bancari

Recesso e abuso del diritto nei contratti bancari – Recesso abusivo dal conto corrente – Recesso e buona fede nei contratti bancari – Trib. Napoli, Sezione Seconda, 3 novembre 2022

Silvia Squilloni e Giovanni Adamo

Il recesso: quando è legittimo e quando è abusivo? Se ne occupa una interessante Ordinanza del Tribunale di Napoli del 3 novembre 2022 che analizza il recesso e l’abuso del diritto nei contratti di diritto bancario.

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Recesso e abuso del diritto nei contratti bancari

Recesso e buona fede nei contratti bancari. Il recesso dal contratto bancario può essere effettuato ai sensi dell’art. 1845 c.c. prima della scadenza del contratto solamente per giusta causa, ovvero nel caso di contratto a tempo indeterminato ciascuna delle parti può recedere dal contratto con un preavviso nel termine stabilito dal contratto, dagli usi o, in mancanza, in quello di quindici giorni.

In ogni caso il diritto di recesso deve essere esercitato nel rispetto delle regole di legge e di contratto, ma anche secondo una condotta che non integri l’abuso di diritto.

Recesso abusivo dal conto corrente: la vicenda

La Società X proponeva ricorso ex art. 700 c.p.c. avanti al Tribunale di Napoli per avere un provvedimento immediato nei confronti dell’Istituto di credito Y, il quale recedeva illegittimamente, benchè con preavviso, in quanto poneva in essere condotte abusive in violazione dei normali canoni di buona fede e correttezza.

La Società X, difatti, richiedeva all’Istituto di credito Y la modifica del nominativo del legale rappresentante per l’adempimento degli obblighi conseguenti all’ammissione alla procedura di concordato preventivo.

L’istituto di credito dopo un secondo sollecito da parte della Società X, causando alla stessa ulteriore danno e ritardo per la prosecuzione della procedura concorsuale, comunicava la recessione dal contratto bancario ed impediva durante il termine di preavviso la piena operatività del conto corrente.

Recesso e buona fede nei contratti bancari

La legge impone l’obbligo di buona fede oggettiva ex art. 1375 c.c. e correttezza ex art. 1175 c.c. nell’esecuzione dei contratti, dunque, l’obbligo per ciascuna parte di tenere un comportamento che sia  idoneo a preservare gli interessi dell’altra parte.

Nel caso di contratti bancari, come nel caso di specie, il recesso di un Istituto di credito dal contratto bancario è legittimo se vi è una giusta causa.

Il Tribunale di Napoli in ambito di recesso e buona fede sostiene che si può considerare “contrario a buona fede il comportamento di colui che omette, in maniera ingiustificata, di collaborare per consentire il corretto adempimento dell’altro contraente, o che non si presta per correggere errori, o chiarire equivoci insorti nel corso del rapporto

Recesso e abuso del diritto nei contratti bancari – Quando il recesso è legittimo? Le valutazioni del Tribunale

Il Tribunale di Napoli individuava, dunque gli elementi sintomatici dell’abuso del diritto:

“1) La titolarità di un diritto soggettivo in capo ad un soggetto;

2) la possibilità che il concreto esercizio di quel diritto possa essere effettuato secondo una pluralità di modalità non rigidamente predeterminate;

3) la circostanza che tale esercizio concreto, anche se formalmente rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, sia svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione, giuridico od extragiuridico;

4) la circostanza che, a causa di una tale modalità di esercizio, si verifichi una sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrificio cui è soggetta la controparte

Elementi che, nel caso di specie, il Tribunale sostiene di dover valutare in base all’accertamento della comunicazione del recesso dell’Istituto di credito se “sia stato (nonostante l’avvenuta intimazione del “preavviso”) inaspettato e sorprendente, e se, quindi, la Banca col proprio comportamento abbia ingenerato il legittimo affidamento circa la continuazione del rapporto. Ancora, va valutato se le modalità e la tempistica con cui è stato intimato il recesso possano integrare un esercizio abusivo dello stesso in relazione alla situazione economica della ricorrente ed alle ripercussioni sugli interessi di quest’ultima: in altre parole si tratta di verificare se abbia integrato una violazione del dovere di buona fede in sede esecutiva.”

Conclusioni

Recesso abusivo dal conto corrente: quando si configura e cosa fare

Concludeva il Tribunale di Napoli, riportando che la ricorrente non poteva aprire altresì conti in istituti di credito differenti non a causa dell’esistenza di una procedura concorsuale ma per eventi storici relativi al legale rappresentante della Società X di cui la stessa richiedeva la modifica del nominativo.

Pertanto, sosteneva l’Ill.mo Tribunale in relazione al fumus boni iuris che “la condotta della resistente renderebbe ancora più abusivo il recesso intimato, posto che esso integrerebbe l’utilizzo di un diritto (di recesso) per finalità del tutto estranee a quelle per cui esso è accordato (tutela della immagine della Banca) a tutto discapito degli interessi della controparte contrattuale oltre che dei dipendenti di quest’ultima […]. Deve in definitiva ritenersi che l’aver impedito la piena operatività del c/c durante il termine di preavviso, e l’aver improvvisamente receduto dalla relazione contrattuale con la consapevolezza di causare un’ingiustificata sproporzione tra il beneficio del suo diritto (potestativo) e il sacrifico imposto all’odierna ricorrente costituisca esercizio abusivo del diritto di recesso da parte della Banca.

Inoltre, “il periculum si apprezza non solo per effetto della gravità della condotta tenuta dall’istituto bancario ma altresì sul rilievo della concreta possibilità che il recesso operato dalla Banca convenuta e l’impossibilità di utilizzare il c/c n. XXXX, nelle more del giudizio di merito realizzi una irreparabile lesione ai diritti essenziali della ricorrente, tali da richiedere un immediato soddisfacimento, quali la stessa sopravvivenza della attività aziendale nonché diritti di terzi indirettamente attinti dalla condotta illegittima della resistente quali di dipendenti della ISE, allo stato privati della possibilità di percepire il proprio stipendio.”

Pertanto, conclude il Tribunale accoglieva la domanda cautelare e ordinava all’Istituto di credito di ripristinare il rapporto di conto corrente.

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