Il Contratto di Trasporto di Cose
Il Contratto di Trasporto di Cose – Le parti del Contratto di Trasporto – Il vettore – Il Contratto di trasporto di cose tra imprenditori – Il Contratto di Trasporto di Cose con il consumatore – La responsabilità del vettore – I danni alle cose trasportate – La prova liberatoria – Il risarcimento del danno – L’Autorità di Regolamentazione dei Trasporti.
di Francesca Pelleri e Giovanni Adamo
Il contratto di trasporto di cose: la normativa di riferimento
Tra i contratti tipizzati dal legislatore italiano, il Codice civile disciplina il Contratto di Trasporto – inteso come il contratto per mezzo del quale “il vettore si obbliga, verso corrispettivo, a trasferire persone o cose da un luogo a un altro” (ex art. 1678 c.c.) – e dedica, in particolare, gli artt. 1683 e seguenti al Contratto di Trasporto di Cose.
L’articolo 1680 del Codice Civile precisa che “le disposizioni di questo capo si applicano anche ai trasporti per via d’acqua o per via d’aria e a quelli ferroviari e postali, in quanto non siano derogate dal codice della navigazione (c.n. 396-467, 940-964) e dalle leggi speciali”: le norme del Codice civile dedicate al trasporto, infatti, a fronte di una pluralità di regolamentazioni speciali appositamente stabilite per ogni sottotipo di trasporto, sono di carattere meramente residuale.
Il contratto di trasporto di cose è un contratto consensuale, ciò significa che esso si conclude, validamente, per mezzo del consenso espresso dei contraenti (mittente e vettore) e che la consegna delle cose, invece, assume rilievo ai soli fini della corretta esecuzione del contratto. È un contratto che non richiede particolari requisiti di forma e, pertanto, l’accordo tra le parti può manifestarsi anche per fatti concludenti (ad esempio con la consegna della merce al vettore).
Le parti del Contratto di Trasporto
Tre soggetti: mittente, vettore e destinatario
Il Contratto di Trasporto di cose si caratterizza per l’instaurarsi di un rapporto vincolante tra tre soggetti: il mittente, il vettore ed il destinatario.
- Il mittente è colui che conclude in nome proprio il contratto di trasporto e che, pertanto, si impegna a consegnare il carico nonché tutta la documentazione ex art. 1683 c.c. al vettore, chiedendogli di effettuare il trasporto ed assumendo nei confronti di quest’ultimo, per aver versato un determinato importo a titolo di corrispettivo, le vesti di creditore;
- il vettore – che sia un vettore occasionale o un professionista con o senza organizzazione di impresa – è il soggetto che si assume l’incarico e che si obbliga, dietro corrispettivo, a trasportare le cose affidategli da una meta ad all’altra per poi riconsegnarle al destinatario;
- il destinatario della merce, infine, è la persona legittimata a ricevere il carico e può essere un soggetto totalmente estraneo al contratto (ma specificatamente individuato nella stipulazione o, comunque, indicato dal mittente al vettore per mezzo della c.d. lettera di vettura ex art. 1684 c.c.) oppure lo stesso mittente.
Quanto a mittente e del destinatario, è importante ricordare che ricadono su di questi determinati diritti e doveri. In riferimento agli obblighi che ricadono sul primo vi è, innanzitutto, quello di “indicare con esattezza al vettore il nome del destinatario e il luogo di destinazione, la natura, il peso, la quantità e il numero delle cose da trasportare e gli altri estremi necessari per eseguire il trasporto” nonché, all’occorrenza, eventuali documenti utili, perché altrimenti – in caso di omissione o inesattezza di tali informazioni oppure in caso di mancata consegna o irregolarità dei documenti – saranno attribuiti a suo carico i danni che da ciò ne derivano.
La lettera di vettura
Non essendo richiesti, per la conclusione del contratto di trasporto di cose, particolari requisiti di forma, il legislatore ha, poi, sancito la possibilità di rilascio, ai soli fini probatori, della così detta “lettera di vettura” che, ai sensi dell’art. 1684 c.c., se viene dal vettore richiesta, deve obbligatoriamente essere sottoscritta e consegnata dal mittente. Questo ultimo, una volta rilasciata la lettera di vettura, può richiederne al vettore un duplicato. In genere, la lettera di vettura contiene tutte le indicazioni precedentemente delineate e le condizioni convenute per il trasporto.
Allo stesso tempo, il Codice civile all’art. 1685 riconosce in capo al mittente il diritto di “sospendere il trasporto e chiedere la restituzione delle cose, ovvero ordinarne la consegna a un destinatario diverso da quello originariamente indicato o anche disporre diversamente, salvo l’obbligo di rimborsare le spese e di risarcire i danni derivanti dal contrordine” (c.d. diritto di contrordine), fermo restando che tali diritti non sono più esercitabili dopo l’avvenuta consegna delle cose al destinatario.
Anche al destinatario della merce sono riconosciuti dei diritti nei confronti del vettore e si tratta, precisamente, degli gli stessi diritti esercitabili dal mittente, trattandosi di un contratto a favore di terzo ex art. 1411 e seguenti del Codice; tuttavia – in deroga alla disciplina generale del contratto a favore di terzo, per la quale l’acquisto dei diritti da parte di questo avviene per effetto della stipulazione del contratto – il destinatario acquista i diritti nascenti dal contratto di trasporto “dal momento in cui, arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine in cui sarebbero dovute arrivare, il destinatario ne richiede la riconsegna al vettore” e, comunque, sono diritti esercitabili soltanto previo “pagamento al vettore dei crediti derivanti dal trasporto e degli assegni da cui le cose trasportate sono gravate” (art. 1689 c.c.).
Il vettore nel Contratto di Trasporto di Cose
Gli adempimenti che si richiedono al vettore con il contratto di trasporto di cose si traducono nel prendere in consegna la merce da trasportare, nell’effettuare il trasporto nelle modalità e nei termini convenuti nel contratto e, infine, nel riconsegnare la merce al destinatario. Su quest’ultimo punto si deve considerare che, ai sensi dell’art. 1177 c.c., “l’obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna”. Ciò significa che è obbligo del vettore mantenere la merce ricevuta nello stesso stato e modo di essere in cui si trovava al momento del sorgere dell’obbligazione, evitando tutti quei comportamenti o quei fatti che potrebbero provocarne la perdita o il deterioramento.
Se, nella fase iniziale o nel corso del trasporto, si verifica un evento ad egli non imputabile che impedisce o ritarda l’esecuzione della prestazione concordata, il vettore, dietro rimborso delle spese, deve immediatamente chiedere istruzioni al mittente; se ciò non è possibile – o perché le circostanze non permettono di contattare il mittente o perché le istruzioni ottenute non sono attuabili – egli può optare per il deposito delle merci, così liberandosi dall’obbligo di custodirle fino al momento della consegna, oppure per la loro vendita se sono soggette a rapido deterioramento, informando prontamente il mittente. Il vettore deve, inoltre, agire nella medesima maniera se il destinatario risulta essere irreperibile o rifiuta o ritarda a chiedere la riconsegna delle cose.
Quando le parti sono entrambi imprenditori
Nell’attività di trasporto il ruolo di vettore può essere indifferentemente rivestito da un soggetto privato che effettua una singola prestazione di trasporto così come da un imprenditore di trasporti, non rilevando il fatto che l’attività di trasporto costituisca esercizio di attività imprenditoriale.
L’organizzazione del vettore, poi, può assumere dimensioni differenti a seconda che si tratti di un’impresa individuale o di grandi compagnie.
In alcuni casi, inoltre, possono essere imposti particolari requisiti per l’esercizio dell’attività di trasporto come, a titolo esemplificativo, l’iscrizione all’albo per gli autotrasportatori di cose per conto terzi o la licenza di esercizio per il trasporto aereo.
Il Contratto di Trasporto di Cose con il consumatore
Quando il contratto viene stipulato tra un professionista ed un consumatore ci si trova di fronte ad un rapporto caratterizzato da un forte squilibrio contrattuale, dovuto al complesso di informazioni di cui è a conoscenza il professionista a discapito del consumatore (che si presenta, per tale motivo, come contraente così detto “debole”).
La disciplina delle clausole vessatorie nel contratto di trasporto di cose
A tutela di questa figura, il Codice del consumo pone una serie di disposizioni in tema di c.d. “clausole vessatorie”.
Il consumatore è definito all’articolo 3, lett. a), del Codice del consumo come “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”; si considerano, invece, vessatorie ai sensi dell’articolo 33 “le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto”.
Il Codice delinea una serie di casi in cui determinate clausole del contratto si presumono vessatorie fino a prova contraria o perché incidono negativamente sui diritti del consumatore o perché rafforzano la posizione del professionista. In tal senso sono da considerarsi vessatorie, ad esempio, quelle condizioni che sanciscono “a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi” (lett. t)), quelle clausole che limitano la responsabilità del professionista “rispetto alle obbligazioni derivanti dai contratti stipulati in suo nome dai mandatari” (lett. q)) o che ne aumentano i poteri riconoscendo “al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto” (lett. g)).
L’art. 34 del Codice del consumo, relativo all’accertamento della vessatorietà delle clausole, ci procura anche dei criteri volti a stabilire se una clausola è abusiva o meno e questi tengono conto della natura del bene o servizio oggetto dell’accordo, delle circostanze in cui si è concluso l’accordo e delle altre clausole dell’accordo o di altro collegato. In presenza di una o più clausole vessatorie, queste sono da ritenersi nulle (nullità che può essere rilevata dal consumatore soltanto) mentre il resto del contratto rimane valido ed efficace.
Gli artt. 60-65 del nuovo Codice del consumo – che costituiscono attuazione degli artt. 17-22 della Direttiva n. 2011/83/UE – in merito “agli altri diritti del consumatore” (relativi alla consegna dei beni, al passaggio del rischio di perdita o danneggiamento degli stessi, agli strumenti di pagamento e ai pagamenti supplementari) assumono una particolare importanza nel contesto della tutela del consumatore. In riferimento alla consegna dei beni, l’art. 61 stabilisce che la consegna al consumatore deve avvenire senza ritardo ingiustificato e al più tardi entro trenta giorni dalla data di conclusione del contratto. Se i termini di consegna non vengono rispettati, il consumatore può assegnare un termine supplementare per la consegna appropriato alle circostanze, ma il consumatore non è obbligato a concederlo sempre (come nel caso in cui il professionista si è espressamente rifiutato di consegnare i beni o se la consegna entro o ad una data determinata era essenziale) e, in questo caso, il professionista deve rimborsargli senza indebito ritardo tutte le somme versate in esecuzione del contratto. Se, invece, il termine supplementare è stato concesso e, ciò nonostante, non è stata perfezionata la consegna delle cose, il consumatore è legittimato a risolvere il contratto, salvo il diritto al risarcimento dei danni.
La responsabilità del vettore
Il vettore ha un’obbligazione di risultato
Il tipo di prestazione che si richiede al vettore di adempiere con il contratto di trasporto di cose è da ricondursi, nel nostro ordinamento, alla così detta “obbligazione di risultato”: il vettore (debitore) si impegna a perfezionare il trasferimento delle cose portandole a destinazione e l’interesse del mittente (creditore) viene soddisfatto soltanto nel momento in cui, effettivamente, viene conseguito il risultato promesso.
Non è sufficiente, tuttavia, che il vettore consegni le merci al destinatario, egli deve consegnare l’esatta quantità e qualità di quelle originariamente previste nonché rispettare le condizioni ed i termini pattuiti nel contratto (o, in mancanza, agire secondo gli usi), a nulla rilevando l’impedimento o ritardo eccessivo nell’inizio o nella prosecuzione dell’attività di trasporto (art. 1686 c.c.) né la perdita o l’avaria delle cose affidategli per il trasporto (art. 1693 c.c.) né la diminuzione di peso o misura che oltrepassi il c.d. calo naturale (art. 1695 c.c.).
Infatti, diversamente da quanto accade per il contratto di spedizione in cui lo spedizioniere si limita a concludere il contratto di trasporto con un soggetto terzo, nel contratto di trasporto in questione il vettore si obbliga a portare a termine il trasferimento delle merci assumendo su di sé i rischi dell’esecuzione. Si parla, in questo caso, di “responsabilità ex recepto” intesa come quel particolare tipo di responsabilità che nasce unicamente dalla ricezione di una cosa e che si presenta, in tal senso, nelle vesti di una responsabilità presunta.
La responsabilità in questione perdura dal momento esatto in cui il mittente affida le cose al vettore al momento in cui questo ultimo ne effettua la riconsegna al destinatario; a tal proposito, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 5700 del 10 giugno 1999, ha dichiarato che “la responsabilità, ex recepto, del trasportatore nei confronti del destinatario non cessa con l’arrivo della merce al proprio magazzino e la messa a disposizione della medesima, ma soltanto con la consegna materiale della stessa (…) perché l’esecuzione del contratto di trasporto di cose non si esaurisce nel trasferimento della merce da un luogo ad un altro, ma comprende l’adempimento di tutte le obbligazioni accessorie necessarie per il raggiungimento del fine pratico che le parti si sono prefisso, per cui fino alla consegna al destinatario persiste l’obbligo di conservare e custodire la merce e il diritto di questi di ottenere il risarcimento del danno in caso di perdita o danneggiamento”.
Il vettore, pertanto, nel contratto di trasporto di cose risponde per inadempimento contrattuale sia quando il trasporto non viene eseguito o viene eseguito solo parzialmente sia quando si verifica la perdita totale o parziale della merce oppure l’avaria della stessa. Nel primo caso, il vettore non adempie all’obbligazione di trasporto della merce e si applicano le regole generali per l’inadempimento: in particolare l’art. 1218 c.c. – relativo alla responsabilità del debitore – che recita “il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”; nel secondo caso, il vettore non procede all’adempimento dell’obbligazione di custodire la merce – quale obbligazione accessoria al trasporto – e, pertanto, ne è responsabile a meno che non fornisca prova positiva a suo carico che la causa del danno prodotto rientra in una di quelle specificatamente individuate dalla norma regolatrice, ossia dall’art. 1693 c.c.
I danni alle cose trasportate
Il vettore è sempre responsabile dei danni alle cose trasportate, salvo il caso fortuito, i vizi delle cose trasportate o il fatto del mittente o del destinatario
Nel dettaglio, l’articolo 1693 del Codice civile – rubricato “Responsabilità per perdita e avaria” – stabilisce che “il vettore è responsabile della perdita e dell’avaria delle cose consegnategli per il trasporto, dal momento in cui le riceve a quello in cui le riconsegna al destinatario, se non prova che la perdita o l’avaria è derivata da caso fortuito, dalla natura o dai vizi delle cose stesse o del loro imballaggio, o dal fatto del mittente o da quello del destinatario. Se il vettore accetta le cose da trasportare senza riserve, si presume che le cose stesse non presentino vizi apparenti d’imballaggio”.
Il concetto di “perdita” comprende la mancata riconsegna – totale o anche parziale – delle merci trasportate per via del loro perimento o smarrimento, la riconsegna a persona diversa dall’avente diritto così come la riconsegna di una cosa diversa da quella originariamente prevista; con il concetto di “avaria”, invece, ci si riferisce alle alterazioni della qualità delle merci con conseguente diminuzione del valore delle stesse.
L’avaria delle merci può configurarsi come apparente – e in questo caso il destinatario è tenuto ad effettuare immediatamente le riserve al vettore – oppure come occulta, con la conseguenza che il destinatario deve contestare al vettore le riserve entro sette giorni dalla riconsegna in forma scritta. Il destinatario della merce, inoltre, ai sensi dell’articolo 1697 c.c., ha il diritto di “fare accertare a sue spese, prima della riconsegna, l’identità e lo stato delle cose trasportate. Se la perdita o l’avaria esiste, il vettore deve rimborsargli le spese”; tuttavia, il legislatore italiano all’art. 1698 del Codice civile ha fissato un termine di decadenza per l’azione nei confronti del vettore per perdita o avaria delle cose: “il ricevimento senza riserve delle cose trasportate col pagamento di quanto dovuto al vettore estingue le azioni derivanti dal contratto, tranne il caso di dolo o colpa grave del vettore. Sono salve le azioni per perdita parziale o per avaria non riconoscibili al momento della riconsegna, purché in quest’ultimo caso il danno sia denunziato appena conosciuto e non oltre otto giorni dopo il ricevimento”.
La prova liberatoria
Sulla base di quanto affermato dall’articolo 1693 del Codice il vettore risponde dell’avaria o della perdita delle cose per il solo fatto di averle prese in carico per la riconsegna al destinatario, a meno che non riesca a dimostrare che la perdita o i danni alle cose sono da attribuire a fattori a lui non imputabili, quali sono il caso fortuito, la natura o i vizi della cosa, l’imballaggio, il fatto del mittente o il fatto del destinatario.
Vige, in tal senso, una presunzione di responsabilità ex recepto dalla quale il vettore si può liberare soltanto fornendo la prova specifica della derivazione del danno da un evento a lui totalmente estraneo, connesso alle ipotesi del caso fortuito, le quali contemplano anche la forza maggiore ed il fatto del terzo, oppure dimostrando le ulteriori circostanze riportate dalla norma citata.
Allo stesso tempo, comunque, all’interno del Codice si trovano alcune disposizioni che invertono l’onere della prova del danno, spostandolo dal vettore e attribuendolo al mittente o al destinatario delle cose, così da non assegnare al vettore un regime di responsabilità eccessivamente gravoso. All’art. 1694 c.c., infatti, si afferma che “sono valide le clausole che stabiliscono presunzioni di caso fortuito per eventi che normalmente, in relazione ai mezzi e alle condizioni del trasporto, dipendono da caso fortuito” e l’art. 1695 c.c. – rubricato “calo naturale” – stabilisce che “per le cose che, data la loro particolare natura, sono soggette durante il trasporto a diminuzione nel peso o nella misura, il vettore risponde solo delle diminuzioni che oltrepassano il calo naturale, a meno che il mittente o il destinatario provi che la diminuzione non è avvenuta in conseguenza della natura delle cose o che per le circostanze del caso non poteva giungere alla misura accertata. Si deve tener conto del calo separatamente per ogni collo”.
Il risarcimento del danno
Nelle ipotesi in cui il vettore incaricato di eseguire il trasporto non riesce a liberarsi da responsabilità per il danno arrecato alle merci che gli erano state affidate, egli è tenuto a procedere con il risarcimento.
L’art. 1696 c.c. prevede, in particolare, che nel determinare il quantum del risarcimento in caso di danno derivante da perdita o avaria si deve tenere conto del prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna. La stessa norma, poi, fissa un limite massimo al risarcimento stabilendo che “il risarcimento dovuto dal vettore non può essere superiore a un euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali, ed all’importo di cui all’art. 23, c. 3, della Convenzione per il trasporto stradale di merci, ratificata con L. 6 dic. 1960 n. 1621, e successive modificazioni, nei trasporti internazionali”; al comma seguente, tuttavia, viene esclusa al vettore la possibilità di avvalersi di questa limitazione quando viene provato il dolo o la colpa grave dello stesso o di qualsiasi altro soggetto di cui egli si sia avvalso per l’esecuzione del trasporto.
Ai fini del risarcimento del danno, infatti, è importante distinguere tra il trasporto individuale ed il trasporto cumulativo di cose, disciplinato quest’ultimo dagli artt. 1700 c.c. e seguenti. Nel trasporto di cose effettuato da più vettori, questi rispondono in solido per la corretta esecuzione del contratto e “il vettore chiamato a rispondere di un fatto non proprio può agire in regresso contro gli altri vettori, singolarmente o cumulativamente. Se risulta che il fatto dannoso è avvenuto nel percorso di uno dei vettori, questi è tenuto al risarcimento integrale; in caso contrario, al risarcimento sono tenuti tutti i vettori in parti proporzionali ai percorsi, esclusi quei vettori che provino che il danno non è avvenuto nel proprio percorso” (art. 1700 c.c., co. 2).
L’Autorità di Regolamentazione dei Trasporti
Nell’ordinamento italiano vi è una figura fondamentale – istituita nel 2011 con il decreto-legge n. 201/2011 (c.d. “Salva-Italia”) poi convertito dalla legge n. 214/2011 – che opera nel settore dei trasporti e dell’accesso alle relative infrastrutture e ai servizi: si tratta dell’Autorità di Regolamentazione dei Trasporti (A.R.T.).
L’istituzione di tale Autorità si è inserita, nel nostro paese, nell’ambito di un dibattito che spingeva per la creazione di una serie di autorità settoriali alle quali affidare compiti di vigilanza sull’osservanza delle norme a tutela della concorrenza da parte delle imprese e delle norme a tutela dei consumatori/utenti.
L’Autorità di Regolamentazione dei Trasporti ha assunto un ruolo decisivo nella fissazione di criteri di politica dei trasporti, per la determinazione dei quali è tenuta a prediligere metodologie che incentivino la concorrenza e l’efficienza produttiva della gestione. Le funzioni che essa ricopre sono molto vaste, se si considera che le è attribuito anche l’importante ruolo di vigilare sulla corretta applicazione dei Regolamenti comunitari in materia di trasporto; tuttavia, le funzioni principali sono riassumibili, ai sensi dell’art. 37 del d. l. n. 201/2011, come segue: “stabilire i criteri per la fissazione di tariffe, canoni e pedaggi; delineare gli schemi dei bandi delle gare per l’attribuzione dei servizi di trasporto; garantire la concorrenza nei bandi di gara per il trasporto ferroviario regionale; definire le modalità di finanziamento del servizio pubblico; svolgere le funzioni di vigilanza in materia di diritti aeroportuali, approvando i sistemi di tariffazione, verificare se i livelli di offerta del servizio taxi, le tariffe e la qualità delle prestazioni corrispondono alle esigenze dei diversi contesti urbani, sollecitare e coadiuvare le amministrazioni pubbliche mediante l’adozione di pareri”. Tra i suoi compiti rientrano anche la definizione delle condizioni minime di qualità dei servizi di trasporto e dei contenuti minimi dei diritti degli utenti nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto.
Sul tema è stato dedicato un apposito articolo, cui si rimanda per un maggiore approfondimento, che si occupa specificatamente dell’Autorità di Regolamentazione dei Trasporti e delle competenze attribuitele nonché dei suoi poteri, dei Regolamenti comunitari sul trasporto, del trasporto ferroviario, del trasporto su ruote e del trasporto via mare.
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