Divieto di concorrenza dipendente – Presupposti di applicazione – Norme di riferimento – Come si applica

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Cosa si intende per divieto di concorrenza del dipendente?

Il divieto di concorrenza del dipendente si riferisce a due obblighi distinti: l’obbligo di fedeltà, che è un elemento naturale del rapporto di lavoro, e il patto di non concorrenza, che invece è un elemento solo eventuale.

Obbligo di Fedeltà (Art. 2105 c.c.)

L’obbligo di fedeltà è previsto dall’articolo 2105 del Codice Civile e fa parte del rapporto di lavoro durante la sua esistenza. L’articolo stabilisce che il dipendente non può trattare affari in concorrenza con il datore di lavoro né divulgare informazioni confidenziali relative all’azienda.

Questo obbligo è un dovere implicito del rapporto di lavoro, ed è valido per tutta la durata dello stesso. Serve a proteggere gli interessi del datore di lavoro, impedendo al dipendente di agire contro l’azienda mentre è ancora impiegato.

Patto di Non Concorrenza (Art. 2125 c.c.)

Il patto di non concorrenza è un accordo specifico stipulato tra datore di lavoro e dipendente, regolato dall’articolo 2125 del Codice Civile. Questo patto si applica dopo la cessazione del rapporto di lavoro e impedisce al dipendente di svolgere attività in concorrenza con l’azienda.

Il patto di non concorrenza deve essere:

  1. Stipulato per Iscritto: Deve essere un accordo scritto, per essere valido.
  2. Limitato nel Tempo: Deve avere una durata limitata. La durata massima è di tre anni per i lavoratori normali e di cinque anni per i dirigenti.
  3. Limitato Geograficamente e Settorialmente: Deve essere limitato nell’ambito geografico e settoriale, specificando quali aree e settori sono coperti dal divieto.
  4. Retribuito: Il dipendente deve ricevere un compenso per accettare il patto di non concorrenza, equo e proporzionato ai sacrifici imposti.

Quanto Dura il Divieto di Concorrenza?

La durata del divieto di concorrenza varia a seconda del tipo di divieto:

  1. Obbligo di Fedeltà: L’obbligo di fedeltà è in vigore per tutta la durata del rapporto di lavoro. Si applica dal momento dell’assunzione fino alla cessazione del rapporto.
  2. Patto di Non Concorrenza: La durata del patto di non concorrenza deve essere limitata nel tempo. La durata massima è di tre anni per i lavoratori normali e di cinque anni per i dirigenti. Se il patto stabilisce una durata più lunga, si riduce automaticamente al massimo consentito dalla legge.

Quanto Viene Retribuito il Patto di Non Concorrenza?

Il patto di non concorrenza deve essere retribuito per essere valido. L’articolo 2125 del Codice Civile stabilisce che il compenso per il patto di non concorrenza deve essere equo e proporzionato ai sacrifici imposti al dipendente.

Determinazione del Compenso

  1. Equità: Il compenso deve essere equo, tenendo conto dell’impatto del divieto di concorrenza sulla capacità del dipendente di trovare lavoro o avviare un’attività dopo la cessazione del rapporto.
  2. Proporzionalità: Il compenso deve essere proporzionato, considerando la durata del divieto, l’ambito geografico e settoriale, e l’importanza del ruolo del dipendente all’interno dell’azienda.
  3. Forma del Compenso: Il compenso può essere pagato come somma una tantum alla cessazione del rapporto di lavoro, oppure come pagamento periodico in busta paga durante la durata del patto di non concorrenza.

Cosa Comporta la Violazione del Divieto di Concorrenza?

Divieto di concorrenza dipendente: dal risarcimento danni all’impedimento dell’attività lavorativa

Se un dipendente viola il divieto di concorrenza, ci sono diverse conseguenze legali che possono seguire:

  1. Azione per Risarcimento Danni: Il datore di lavoro può richiedere un risarcimento per i danni causati dalla concorrenza sleale del dipendente. Questo potrebbe includere la perdita di profitti, clienti o altre opportunità commerciali.
  2. Ordinanza di Inibitoria: Il datore di lavoro può richiedere un’ordinanza di inibitoria per fermare l’attività concorrente del dipendente, soprattutto se sta causando danni immediati e irreparabili.
  3. Confisca dei Profitti: In alcuni casi, i profitti guadagnati dal dipendente attraverso l’attività concorrente possono essere confiscati e assegnati al datore di lavoro.

Conclusioni

Il divieto di concorrenza è un importante strumento legale per proteggere gli interessi del datore di lavoro, sia durante il rapporto di lavoro che dopo la sua cessazione. Attraverso un uso appropriato del divieto di concorrenza, i datori di lavoro possono prevenire comportamenti sleali e proteggere le loro informazioni riservate e le relazioni con i clienti. Tuttavia, è importante che il divieto di concorrenza sia redatto in modo equilibrato e conforme alla legge, per garantire la sua validità e per rispettare i diritti del dipendente.

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