Concorrenza sleale e contratto: come tutelarsi

Concorrenza sleale e contratto: come tutelarsi

Concorrenza sleale e contratto – La nuova Sentenza della Corte di Cassazione del 17 gennaio 2025 – La strumentalizzazione dei rapporti pregressi per effettuare attività slealmente concorrenziale e stornare clienti

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Concorrenza sleale e contratto – L’importanza del rapporto contrattuale nella concorrenza sleale

La concorrenza sleale, disciplinata dall’art. 2598 del codice civile, costituisce un elemento centrale nel diritto commerciale e industriale italiano, poiché definisce i limiti di correttezza e liceità entro i quali le imprese possono operare nel mercato. Il legislatore ha previsto una tutela specifica contro comportamenti che ledano la concorrenza e che, proprio per la loro natura “sleale”, comportano un indebito vantaggio a chi li pone in essere. In questo contesto, il rapporto contrattuale tra le parti assume un ruolo di particolare rilevanza, soprattutto quando agevola l’accesso a informazioni privilegiate o a un know-how specifico, utili a introdurre un prodotto o un servizio sul mercato in tempi ridotti, senza sostenere i necessari costi di ricerca e sviluppo (per un inquadramento generale vedi QUESTO ARTICOLO).

Il concetto di “slealtà” include comportamenti che si concretizzano in forme di imitazione servile, appropriazione di pregi, titoli o meriti altrui, uso improprio di segreti industriali o commerciali e, più in generale, in qualsiasi atto che violi i principi di correttezza professionale consolidati dalla legge e dalla giurisprudenza.

Nella prospettiva contrattuale, la dimensione della slealtà si evidenzia, in particolare, quando un soggetto sfrutta a proprio vantaggio un precedente vincolo negoziale con un’azienda concorrente, servendosi di quel rapporto di fiducia per carpire informazioni privilegiate relative al prodotto. Tali informazioni possono essere coperte da brevetti o privative industriali oppure semplicemente costituire il risultato di investimenti e sforzi tecnici o commerciali compiuti dal concorrente.

L’esistenza di un contratto pregresso, ad esempio un accordo di fornitura o di partnership, può consentire a una delle parti di accedere con una certa facilità ai processi produttivi, ai segreti industriali, nonché di entrare in contatto con i clienti dell’impresa “rivale”. Se questa conoscenza viene poi utilizzata al termine del rapporto contrattuale in violazione dei canoni di correttezza professionale, si determina una forma di concorrenza sleale particolarmente pericolosa. In tali casi, l’illecito non riguarda esclusivamente la mera copiatura di un prodotto (il classico caso di imitazione servile), ma soprattutto lo sfruttamento delle informazioni acquisite grazie al pregresso rapporto contrattuale per introdurre rapidamente sul mercato un bene quasi identico, o comunque destinato a soddisfare i medesimi bisogni merceologici.

La recente sentenza della Cassazione n. 1160 del 17 gennaio 2025: punti chiave

Nella pronuncia in commento la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che costituisce “condotta contraria alla correttezza professionale dall’art. 2598, nn. 2-3, cod. civ., quella scelta imprenditoriale posta in essere da un’azienda che (come concretamente accaduto nella specie), grazie allo sfruttamento di una posizione privilegiata garantita da un ambito negoziale già intercorrente tra le parti, le consenta di carpire informazioni su un prodotto avente determinate caratteristiche, coperte, o meno, da diritti di privativa, per poi appropriarsi del lavoro altrui facendo realizzare prodotti aventi le medesime caratteristiche”.

Proseguendo nell’argomentazione, la Corte chiarisce che non è tanto la semplice copiatura del prodotto in sé a configurare l’illecito concorrenziale (ossia la “realizzazione tout court di una copia pedissequa”), bensì “lo sfruttamento del pregresso rapporto commerciale preferenziale per immettere in pochissimo tempo in commercio, senza peraltro porre in essere gli investimenti usualmente necessari, un’innovazione tecnologica realizzata dal concorrente, presentandola al mercato come una novità assoluta.

Questa affermazione permette di cogliere pienamente la gravità del comportamento scorretto. Se manca l’apporto di investimenti, ricerca e sviluppo, e se l’introduzione dell’innovazione sul mercato avviene unicamente grazie a conoscenze ottenute in via privilegiata (approfittando di un pregresso rapporto di fiducia), si supera la linea di confine tra concorrenza lecita e concorrenza illecita. La pronuncia si inserisce in un quadro giurisprudenziale in cui le Corti guardano con particolare severità a quelle pratiche imprenditoriali che alterano il normale gioco della concorrenza, sottraendo al legittimo titolare il frutto dei propri investimenti e della propria creatività.

L’uso di rapporti pregressi: un nodo critico

Il quadro contrattuale gioca un ruolo determinante nell’evidenziare la volontà o meno di agire slealmente. Nel momento in cui un’azienda stipula un contratto di fornitura, di consulenza, di licenza o di collaborazione con un’altra impresa, si crea inevitabilmente uno scambio di informazioni e risorse (in relazione specificamente, ad esempio, al contratto di distribuzione, LEGGI QUESTO ARTICOLO). Se tale scambio viene utilizzato, anche in un momento successivo, per realizzare un prodotto identico (o dalle caratteristiche sostanzialmente identiche) a quello sviluppato con fatica e ingegno dall’altra parte, siamo di fronte a una violazione della correttezza professionale.

Un aspetto da non sottovalutare è che non sempre il prodotto o l’innovazione sono coperti da brevetti o altri diritti di privativa. È infatti possibile che un’azienda investa ingenti risorse in una tecnologia o in un design non registrati o comunque non protetti formalmente. In tali situazioni, la giurisprudenza tende a valorizzare il concetto di “know-how”, ossia l’insieme di conoscenze, esperienze e procedure che conferiscono un vantaggio competitivo sul mercato. Anche se non sussiste una protezione brevettuale formale, il fatto di aver appreso e sfruttato un determinato sapere industriale grazie a un rapporto contrattuale pregresso crea un particolare dovere di correttezza. La violazione di tale dovere configura una fattispecie di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, nn. 2-3, cod. civ., poiché il soggetto sfrutta in modo scorretto e antisociale un vantaggio informativo che non avrebbe potuto ottenere se non grazie al contratto stipulato.

Concorrenza sleale e contratto: il criterio della “correttezza professionale”

La chiave interpretativa per comprendere appieno la questione risiede nella nozione di “correttezza professionale” (ce n’eravamo già occupati QUI). Si tratta di un concetto elastico, che si evolve con il progredire degli usi e delle prassi del mercato. In sostanza, il giudice civile, per stabilire se un determinato comportamento sia lecito o illecito, valuta se è stato superato quel confine invalicabile tracciato da consuetudini, etica degli affari e norme di legge. Tale confine diviene ancor più chiaro quando il vantaggio concorrenziale deriva non da una strategia di mercato ordinaria (come l’abbattimento dei costi, la ricerca di nuovi fornitori o l’innovazione progettuale), ma dalla violazione di un obbligo contrattuale o para-contrattuale, esplicito o implicito.

Sovente le imprese prevedono nei contratti clausole di riservatezza (o non-disclosure agreement, NDA) allo scopo di disciplinare l’uso delle informazioni scambiate durante la relazione commerciale. Tuttavia, anche in assenza di una specifica clausola di riservatezza, la legge e la giurisprudenza pongono limiti impliciti all’utilizzo strumentale delle informazioni acquisite. Infatti, la ratio dell’art. 2598 cod. civ. risiede proprio nell’impedire che il mercato venga distorto da condotte che, sfruttando meccanismi fraudolenti, aggirano i costi tipici della concorrenza (ricerca, sviluppo, marketing, ecc.) per immettere sul mercato un prodotto sostanzialmente copiato.

Innovazione tecnologica e know-how aziendale: come tutelarli?

Non occorre necessariamente un brevetto per poter invocare la tutela dell’art. 2598 cod. civ. Se la creazione di un know-how aziendale ha richiesto sforzi e risorse rilevanti e se viene dimostrato che il concorrente ha avuto accesso alle informazioni in virtù di un rapporto contrattuale, allora l’illecito concorrenziale può scattare anche in assenza di un titolo di privativa formale.

È proprio questo l’aspetto innovativo e importante della pronuncia citata: la Corte fa cadere l’attenzione sul comportamento di chi, avendo frequentato da vicino l’azienda concorrente per motivi contrattuali, ne ha assorbito le conoscenze e, a conclusione del rapporto, ne ha sfruttato i frutti senza corrispondere alcun costo aggiuntivo. In un mercato in cui i tempi di lancio di un prodotto possono decretarne il successo o il fallimento, riuscire a replicare un’innovazione in tempi brevissimi, senza avviare un proprio processo di ricerca e sviluppo, rappresenta un innegabile vantaggio competitivo. Ed è proprio questo vantaggio ingiusto, fondato sull’appropriazione dei risultati altrui, che nell’interpretazione della Corte di Cassazione la legge intende sanzionare.

Concorrenza sleale e contratto: obblighi di lealtà e buona fede

Il contratto è regolato, oltre che dalle disposizioni specifiche relative alla sua natura, anche dal principio generale di buona fede oggettiva. Questo principio trova espressione nell’art. 1375 del codice civile, secondo cui il contratto deve essere eseguito secondo buona fede. Ciò implica che le parti devono comportarsi in modo tale da non vanificare le reciproche aspettative e i diritti derivanti dal rapporto negoziale. Quando parliamo di relazioni commerciali in cui vengono scambiate informazioni rilevanti, l’obbligo di buona fede e correttezza diviene fondamentale: le informazioni fornite e le conoscenze apprese durante l’esecuzione del contratto non possono essere utilizzate in modo strumentale per danneggiare la controparte o per sottrarle quote di mercato con metodologie scorrette.

L’illecito di concorrenza sleale si salda quindi con la violazione dell’obbligo di correttezza contrattuale: un comportamento che, sebbene non venga espressamente qualificato come “inadempimento di una clausola specifica”, si pone in contrasto con i doveri generali di tutela dell’altrui sfera giuridica. D’altronde, l’art. 2598 cod. civ. si premura di elencare i casi in cui la condotta di un operatore esorbita dagli schemi della normale competizione, sanzionando chi fa uso di mezzi non conformi ai principi di correttezza professionale.

Conseguenze e sanzioni: rimedi per le imprese lese

Dal punto di vista pratico, un’impresa che subisce un danno a causa di una condotta sleale, realizzata attraverso lo sfruttamento di un rapporto contrattuale pregresso, può ricorrere alla tutela giurisdizionale per far cessare l’attività illecita e ottenere un risarcimento. I rimedi tipici comprendono:

  • L’inibitoria, ossia l’ordine del giudice di cessare la produzione e la commercializzazione del prodotto “incriminato”.
  • La distruzione o ritiro dal mercato degli articoli illeciti.
  • Il risarcimento del danno, comprensivo del danno emergente (spese, costi affrontati, ecc.) e del lucro cessante (mancati guadagni dovuti alla concorrenza scorretta).
  • La pubblicazione della sentenza, finalizzata a dare evidenza al mercato e ai consumatori del comportamento illecito accertato.

Ognuno di questi strumenti mira a ripristinare il corretto assetto concorrenziale, rimuovendo gli effetti dell’illecito. È infatti fondamentale, per la tenuta del mercato, che il soggetto sleale non mantenga il vantaggio ottenuto mediante la violazione delle norme di correttezza professionale.

Concorrenza sleale e contratto – La parola d’ordine è: “Prevenzione”: come tutelarsi contrattualmente

Per evitare l’emergere di controversie e situazioni di abuso, la preventiva stipulazione di clausole di riservatezza e patti di non concorrenza risulta spesso decisiva. Un contratto ben strutturato può imporre limiti e vincoli all’uso delle informazioni aziendali, specificando in modo dettagliato quali dati siano da considerarsi segreti e quali possano essere usati in modo condiviso. Inoltre, la definizione di penali e la previsione di metodi di risoluzione alternativa delle controversie (ad esempio, l’arbitrato) possono favorire la composizione rapida delle liti, riducendo il rischio di lunghi e costosi procedimenti giudiziari.

Nella pratica commerciale, è frequente che le imprese, per comodità o per scarsa attenzione, non disciplinino puntualmente l’uso delle informazioni condivise nel corso di una collaborazione. Ciò costituisce un grave errore, poiché, in caso di contenzioso, la mancanza di clausole specifiche potrebbe rendere più complesso dimostrare l’illecito concorrenziale. È vero che la giurisprudenza riconosce la protezione del know-how anche in assenza di una pattuizione dedicata, ma la presenza di un accordo scritto e dettagliato aumenta l’efficacia della tutela e riduce l’incertezza interpretativa.

Concorrenza sleale e contratto: come possiamo aiutarti

La sentenza della Cassazione rappresenta un monito a chiunque cerchi scorciatoie per conquistare fette di mercato. Se il vantaggio nasce da condotte contrarie alla correttezza professionale, i rischi di sanzioni e di pesanti conseguenze in termini di risarcimento sono molto elevati. La concorrenza, per essere davvero libera, richiede che ciascun operatore economico rispetti il contributo e gli investimenti degli altri, contribuendo a un circolo virtuoso di innovazione e di qualità nell’offerta di beni e servizi.

Concorrenza sleale e contratto – Ci occupiamo da oltre un ventennio di casi di concorrenza sleale e di rapporti tra imprese (guarda i nostri SERVIZI), ed abbiamo trattato numerosissime ipotesi di concorrenza, svolgendo attività di assistenza e difesa a favore di imprese vittime dell’altrui slealtà concorrenziale, ovvero, viceversa, di imprese ingiustamente accusate di porre in essere atti di concorrenza sleale vietati dalla Legge. 

I casi di concorrenza sleale trattati

Abbiamo trattato, in particolare, molti casi delle più varie tipologie, tra i quali, fra l’altro:

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