Concorrenza sleale con marchio valido?
Concorrenza sleale con marchio valido?
Concorrenza sleale con marchio valido? Senza contraffazione non c’è concorrenza sleale: se i marchi non sono confondibili: marchi diversi
Concorrenza sleale con marchio valido
Si pronunzia il Tribunale di Perugia con una interessante Sentenza del 9 luglio 2020 che analizza la possibilità di effettuare concorrenza sleale con marchio valido, e afferma che senza contraffazione non c’è concorrenza sleale se i marchi non sono confondibili.
La vicenda ed il primo giudizio sulla contraffazione, concluso in grado d’appello
Concorrenza sleale se i marchi non sono confondibili?
La società “x”, produttrice di vino a marchio registrato, citava in giudizio un’altra nota società produttrice di vino “y”, ascrivendole una condotta di contraffazione del marchio. Sosteneva, in particolare che l’impresa “y” avesse utilizzato la medesima parola con l’aggiunta di tre lettere iniziali e che, quindi, sussistessero gli estremi per integrare la fattispecie di contraffazione. Il giudizio si concludeva in grado d’appello avanti la Corte d’Appello di Firenze, che così statuiva: “escluso che sussista un rischio di associazione tra i due segni, sia perché il marchio figurativo di titolarità di “y” è complesso ed in esso assume maggiore capacità distintiva […]., sia perché l’elemento verbale/denominativo utilizzato dall’impresa “Y” non deriva dall’aggiunta del prefisso [..] al marchio forte della societa “X”, ma dal diminutivo della località in cui ha sede l’azienda agricola del proprietario della società “y” presso la quale si coltiva l’uva con cui si produce il vino in questione..La Corte giunge pertanto alla conclusione che l’assonanza tra i due marchi verbali, parole alterate, derivi dall’assonanza tra le due parole base. La confondibilità tra i due segni va esclusa in ragione della “raffinata eleganza e cura compositiva “ riscontrabile a primo impatto nel marchio “X” rispetto alla “umile semplicità” del secondo marchio“.
Concorrenza sleale con marchio valido – Il secondo giudizio, avanti il Tribunale di Perugia, sulla concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3, c.c.
Senza contraffazione non c’è concorrenza sleale
L’impresa Y veniva poi citata in primo grado affinché, una volta esclusi i presupposti per la condotta di contraffazione, venissero comunque dichiarati sussistenti quelli della concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c.. Il Tribunale ha escluso che la società “Y” si sia avvalsa di altri mezzi scorretti sul piano professionale non potendosi così configurare gli estremi dell’art. 2598, comma3, c.c: “Il marchio della società “Y” infatti, seppure nella isolata valutazione della componente verbale del marchio complesso pare fortemente simile a quello dell’impresa“x”, […], non ha alcuna funzione evocativa del più rinomato marchio dell’attrice, dal momento che entrambi i nomi derivano dall’applicazione di un suffisso diminutivo alla località di produzione dei vini; i circuiti di distribuzione sono profondamente diversi; il pubblico di riferimento parimenti è dissimile.”
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