Abuso di dipendenza economica e recesso
Abuso di dipendenza economica e recesso
Abuso di dipendenza economica e recesso – Il recesso abusivo – Il recesso nel contratto d’appalto – Recesso, buona fede e correttezza
Con Sentenza del 17 novembre 2020, la Corte d’Appello di Milano si è pronunciata in materia dei rapporti tra abuso di dipendenza economica e recesso ad nutum di una delle parti da un contratto di durata (nel caso di specie si trattava di appalto di servizi). La Corte ha inoltre analizzato la disciplina dell’esercizio del diritto di recesso nel contratto d’appalto, e lo stretto rapporto intercorrente tra diritto di recesso e buona fede.
Il Giudice deve valutare se il recesso è stato esercitato secondo buona fede o se è abusivo
Secondo la Corte, in particolare, “Qualora un contratto preveda il diritto di recesso “ad nutum” in favore di una delle parti, il giudice del merito non può esimersi dal valutare se l’esercizio di tale facoltà sia stato effettuato nel pieno rispetto delle regole di correttezza e di buona fede cui deve improntarsi il comportamento delle parti del contratto, atteso che la mancanza della buona fede in senso oggettivo, espressamente richiesta dagli artt. 1175 e 1375 c.c. nella formazione e nell’esecuzione del contratto, può rivelare un abuso del diritto, pure contrattualmente stabilito, ossia un esercizio del diritto volto a conseguire fini diversi da quelli per i quali il diritto stesso è stato conferito. Tale sindacato, da parte del giudice di merito, deve pertanto essere esercitato in chiave di contemperamento dei diritti e degli interessi delle parti in causa, in una prospettiva anche di equilibrio e di correttezza dei comportamenti economici. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza gravata che, anche alla luce del concreto atteggiarsi del comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto, aveva ritenuto affetta da nullità la clausola contrattuale che rimetteva l’esercizio del diritto di recesso all’unilaterale, successiva e non previamente conoscibile volontà del predisponente)“.
Nei contratti ove è previsto dalla legge, il recesso “ad nutum” è lecito, fatte salve ipotesi di abusività da valutare caso per caso
La Corte precisa poi che “L’abuso del diritto non è ravvisabile nel solo fatto che una parte del contratto abbia tenuto una condotta non idonea a salvaguardare gli interessi dell’altra, quando tale condotta persegua un risultato lecito attraverso mezzi legittimi, essendo, invece, configurabile allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti. Ne consegue, pertanto, che, nel contratto di agenzia, l’abuso del diritto è da escludere, allorché il recesso non motivato dal contratto sia consentito dalla legge, la sua comunicazione sia avvenuta secondo buona fede e correttezza e l’avviso ai clienti si prospetti come doveroso“
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