Violazione Patto di Non Concorrenza: Normativa e Conseguenze

Violazione patto di non concorrenza – Violazione patto di non concorrenza dipendente – Violazione patto di non concorrenza: conseguenze

La violazione del patto di non concorrenza è un tema di cruciale importanza nel diritto italiano, con ripercussioni significative sia per le imprese che per i singoli individui coinvolti.

Questo accordo, spesso sottovalutato, rappresenta uno strumento legale fondamentale per tutelare gli interessi economici e strategici delle parti, limitando la possibilità che conoscenze e competenze acquisite vengano utilizzate in modo concorrenziale.

In questo articolo tenteremo di esaminare nel dettaglio la natura giuridica del patto di non concorrenza, la normativa di riferimento e le conseguenze derivanti dalla sua violazione. Analizzeremo inoltre le diverse situazioni in cui può essere applicato, con un focus particolare sulla violazione da parte dei dipendenti, tra soci e tra imprese.

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Cos’è il Patto di Non Concorrenza e Quali Sono le Conseguenze della Violazione?

Definizione e Natura Giuridica

Il patto di non concorrenza è un accordo negoziale (che di solito è complementare ad un altro contratto: ad es., di lavoro subordinato, di agenzia, di licenza, di franchising o di distribuzione) attraverso il quale una parte si impegna a non svolgere attività che possano risultare concorrenti rispetto all’altra parte, per un determinato periodo di tempo e in un’area geografica specifica. Questo patto è regolamentato, per quel che concerne il rapporto di lavoro subordinato, dall’articolo 2125 c.c., mentre al di fuori di tale tipologia di rapporto, dall’art. 2596 c.c., che ne stabilisce i limiti e le condizioni di validità. La Legge detta poi altre regole in casi specifici (ad es. in materia di contratti di agenzia).

Finalità del Patto

La finalità principale del patto di non concorrenza è proteggere gli interessi legittimi di un’impresa o di un professionista, evitando che conoscenze, informazioni riservate o rapporti commerciali vengano utilizzati a vantaggio di concorrenti. In ambito lavorativo, serve a impedire che un dipendente, una volta cessato il rapporto di lavoro, utilizzi le competenze acquisite in danno dell’ex datore di lavoro.

Requisiti di Validità

Per essere valido e opponibile, il patto di non concorrenza deve rispettare specifici requisiti:

-Forma Scritta (solo nel caso di rapporto di lavoro subordinato): il patto deve essere stipulato per iscritto, pena la nullità.
-Limiti di Oggetto: deve essere specificato con chiarezza quali attività sono vietate. Nel caso di patto tra imprese, o tra imprese e professionisti, la norma prevede che il patto riguardi una determinata area territoriale e/o una determinata attività;
-Limiti di Tempo: la durata massima è di 3 anni per i lavoratori subordinati e di 5 anni per i dirigenti. Nel caso di patto tra imprese, o tra imprese e professionisti, il limite temporale è 5 anni;
-Limiti Territoriali: deve essere definita l’area geografica di applicazione del patto.
-Corrispettivo: nel caso di rapporto di lavoro subordinato è obbligatorio prevedere un congruo corrispettivo a favore del lavoratore o del dirigente. Nel caso di patto tra imprese o tra imprese e professionisti, il compenso non è un requisito per la validità del patto.

Conseguenze della Violazione

La violazione del patto di non concorrenza comporta diverse conseguenze legali, che possono variare in base alle clausole contrattuali e alla gravità della violazione. In via di prima approssimazione, possiamo anticipare che la violazione di un patto di non concorrenza, quale che ne sia il contesto, integra comunque inadempimento contrattuale, e dunque genera le conseguenze di qualunque inadempimento: facoltà della parte adempiente di richiedere la risoluzione del contratto, o l’adempimento (con richiesta di inibitoria giudiziale), e, comunque ed in ogni caso, il risarcimento del danno. Quindi, riassumendo:

-Risarcimento del Danno: La parte adempiente può richiedere il risarcimento per i danni subiti (si pensi, ad esempio, all’importo delle vendite effettuate in violazione del patto di non concorrenza);
-Applicazione di eventuali clausole penali: il contratto può includere clausole penali che stabiliscono un importo predeterminato da pagare in caso di violazione;
-Inibitoria Giudiziale: se l’interesse della parte adempiente, più che essere quello alla risoluzione del contratto, è invece all’adempimento del patto, la parte adempiente può chiedere al Giudice di emettere un’Ordinanza inibitoria del comportamento che si pone in violazione del patto di non concorrenza, ottenendo la cessazione del comportamento concorrenziale.
-Restituzione del Corrispettivo: la parte inadempiente può essere obbligata a restituire le somme percepite a titolo di corrispettivo.

Violazione del Patto di Non Concorrenza del Dipendente

Violazione patto di non concorrenza dipendente: nel rapporto tra datore di lavoro e dipendente, il patto di non concorrenza assume una particolare rilevanza. Viene spesso utilizzato per proteggere informazioni sensibili, know-how aziendale e rapporti con la clientela che il dipendente potrebbe sfruttare una volta terminato il rapporto di lavoro (per approfondimenti leggi anche QUESTO ARTICOLO)

Modalità di Violazione

La violazione del patto di non concorrenza da parte del dipendente può manifestarsi in diverse forme:

-Assunzione presso un’azienda concorrente: il dipendente accetta un’offerta di lavoro da un diretto concorrente dell’ex datore di lavoro.
-Avvio di un’attività in proprio: il dipendente avvia una propria impresa che opera nello stesso settore e nello stesso mercato.
-Collaborazione Esterna: fornisce consulenze o servizi a terzi che sono in diretta concorrenza con l’ex datore di lavoro.
-Storno di Clienti: utilizza le relazioni instaurate durante il precedente rapporto di lavoro per portare i clienti verso la nuova attività.

Conseguenze per il Dipendente

Le conseguenze legali per il dipendente possono essere significative:

-Restituzione del Corrispettivo pagato per il patto di non concorrenza.
-Pagamento di eventuali penali, se previste nel contratto: se il contratto prevede una clausola penale, il dipendente sarà tenuto a pagare l’importo stabilito.
-Azioni Legali Civili: il datore di lavoro può intentare cause per ottenere il risarcimento per danno emergente e lucro cessante. Il risarcimento potrebbe eccedere quello previsto nella eventuale penale, se la penale prevede la risarcibilità anche del danno ulteriore.

Una possibile difesa del Dipendente

Violazione patto di non concorrenza dipendente – Il dipendente potrebbe, in ipotesi, contestare la validità del patto se:

-il patto è eccessivamente restrittivo: ad esempio, se i limiti di tempo, oggetto o area geografica sono troppo stringenti.
-mancanza di corrispettivo adeguato: ciò può accadere se non è previsto un compenso o se questo è sproporzionato rispetto al sacrificio richiesto.
-impiego di forme non adeguate che rendono invalido il patto: ad esempio, se il patto non è stato stipulato per iscritto o manca di elementi essenziali.

Violazione del Patto di Non Concorrenza tra Soci

Dinamiche societarie variabili

All’interno delle società, il patto di non concorrenza tra soci è uno strumento essenziale per garantire la lealtà e l’impegno di tutti i membri verso l’obiettivo comune. Viene spesso inserito nei contratti sociali o nei patti parasociali, e mira a prevenire comportamenti che possano danneggiare l’attività societaria. In alcune tipologie di Società, poi, esso è addirittura connaturato alla esistenza stessa del vincolo societario (ad esempio, nel caso della Società in nome collettivo, l’art. 2301 c.c. pone un generalizzato divieto di concorrenza – per approfondimenti leggi anche QUESTO ARTICOLO)

Nella prassi si riscontrano tipologie di violazione assai diversificate. Ad esempio, mediante:

  • la costituzione di società che svolgono attività in concorrenza con la società di appartenenza: un socio partecipa alla creazione di una nuova società che opera nello stesso settore;
  • la sottrazione di Segreti Industriali: il Socio utilizza informazioni riservate per avvantaggiare un’altra impresa.
  • la induzione di altri soci all’inadempimento del contratto sociale, o di dipendenti all’inadempimento o alle dimissioni: si tratta di un vero e proprio storno di soci o collaboratori che vengono indotti a lasciare la società per unirsi a un concorrente.

Le conseguenze legali di un simile comportamento possono essere molteplici e rilevanti. Si va dalla possibilità di azioni di responsabilità (la società può agire contro il socio per violazione dei doveri statutari), sino alla esclusione dalla Società, se – in base alle previsioni statutarie – il socio può essere escluso. Ed ovviamente operano anche i “classici” rimedi del risarcimento del danno cagionato alla società di appartenenza, e dell’inibitoria e del sequestro, con la possibilità di bloccare beni o attività legate alla violazione.

I possibili strumenti di tutela

Per tutelarsi da situazioni di questa natura la Società dovrebbe prevedere dei presidii che peraltro la Legge consente. Per esempio, l’inserimento nello Statuto di divieti espressi in relazione alle attività concorrenziali, magari assistiti da clausole penali, oppure la previsione di patti parasociali dettagliati che definiscano con precisione gli obblighi e le restrizioni per i soci.

Violazione del Patto di Non Concorrenza tra Imprese

Nel caso dei rapporti tra imprese, il patto di non concorrenza è spesso utilizzato in contesti di fusioni, acquisizioni, joint venture o cessione di rami d’azienda, ed ancora nell’ambito di accordi di distribuzione esclusiva, franchising, etc.. Tale patto serve a garantire che una delle parti non sfrutti le informazioni o le posizioni di mercato acquisite per danneggiare l’altra (per ulteriori approfondimenti leggi anche QUESTO ARTICOLO)

La natura variegata dei contesti in cui esso può operare fa sì che anche le modalità di violazione del patto di non concorrenza siano molteplici. Si va dall’ingresso in un mercato riservato (un’impresa inizia a operare in un settore o area geografica che le era preclusa dall’accordo), con violazione anche di una clausola di esclusiva territoriale, sino allo storno di clientela vero e proprio, o all’uso improprio e vietato di know-how aziendale acquisito nel corso di pregressi rapporti intervenuti tra le parti.

Come nelle altre fattispecie analizzate in precedenza, anche in questo caso le conseguenze legali possono essere estremamente rilevanti.

Chi si rende inadempiente rispetto ad un patto di non concorrenza, infatti, rischia di subire:

  • in primo luogo provvedimenti cautelari ed urgenti che la controparte può richiedere al Giudice civile per far cessare la condotta illecita, fino alla vera e propria chiusura aziendale;
  • in ogni caso, azioni risarcitorie, anche rilevanti, fondate sui profitti illecitamente realizzati dall’autore della violazione;
  • se poi vi è un contratto ancora in corso (ad esempio: franchising, agenzia, licenza, etc.) la risoluzione del contratto stesso.

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